tra le onde anche i miei versi
Dalla prefazione di Erri de Luca: “…i versi di questa raccolta somigliano a onde, stanno in una corrente che accompagna. Mettersi è il verbo di chi deve andare allo sbaraglio di un’emigrazione: mettersi nel viaggio. E’ carovana, pista nel deserto, in mani di mercanti di persone. Sono i peggiori: di qualunque altra mercanzia avrebbero premura di custodia e consegna.
Il corpo umano è diventato la più redditizia delle merci. Occupa poco spazio e pure se non sbarca, non arriva a destinazione, ha pagato lo stesso.
Naufraga da invincibile. Non può essere fermata la spinta di chi ha smesso di aspettare. Ogni persona delle miriadi che si mettono nel viaggio, si stacca da un’oppressione e si sporge sul vuoto. Questi versi plurali, irregolari, non possono riempirlo, ma vogliono tenere compagnia alla vita sospesa dei viaggianti.”
Mea culpa
Questo è quanto posso dire
stando nel mezzo di due mondi
il mio e il loro
con le parole messe in fila _un poco
addolorate_
ché non posso saperlo quel tormento
delle carni bruciate
o quanta acqua salata nei polmoni
prima d’essere morti
ma so della quietudine
che vivo a mio discapito _perché
sto qui nel pianificio
che tutto resetta ed infiocchetta_
provai quel gelo
non ne temetti la scadenza ma l’inizio
ebbi terrore
e ricondussi il corpo alla presenza
il cuore al gioco_Lila lo chiamano gli indù_
però nei tempi prorogati
in cui cambia l’assetto delle sorti
e di quei morti senza nome e senza voci
solo l’adeguamento delle cifre
il mio stupore
è come io possa starmene in salotto
o qui seduta ad una scrivania
a scrivere risibili dolenze
per dire in fondo che?
L’essere viva in quest’inferno non
richiede altro conforto
e la desolazione d’un momento passa
ed io mi accuso
ma con la noncuranza di chi sa
d’essere _almeno momentaneamente_
in salvo
.
infatti, cara Piera, dimentichiamo facilmente.
ma non so se è per indifferenza o per sopravvivere.
la nostra sofferenza personale ci mantiene chiusi nel cercare di lenirla, e penso che sia umano, molto umano.
ciao e grazie.
a presto
cri
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Quanta consapevolezza e quanto strazio “composto” in questo tuo bellissimo testo! Il fatto è che abbiamo la memoria infinitamente corta e dimentichiamo tutto nel giro di pochi giorni, troppo coinvolti dentro le nostre personali sofferenze.
Ciao, Cristina, a presto.
Piera
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si..in fondo, nel piccolo, è così un po’ per tutti.
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benvenuto, Alex,
sì, in fondo è così per tutti
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Frattanto, un colpo d’ali
e tutti i sogni, loro,
in volo restano, e vibrano.
Del nostro sguardo invece
la gravità delude e affissi
al suolo, materialità sublime
s’addormentano, mi tormentano
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benvenuto, Mauro,
i tuoi versi denunciano il disagio di chi vorrebbe sollevarsi e non può, di chi si sente confuso e impotente…
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l’ospitalità mi commuove sempre. Grazie si è meno impotenti dimostrandolo di essere.
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bellissima e condivisa.
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Grazie, Giorgia!
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E non c’è riga che qui non m’inchiodi
a quel principio che qui tu denunci
pasciuto e quieto nonostante i bronci:
è noncuranza nei consueti modi.
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siamo inchiodati dalle circostanze
anche se il cuore ci vorrebbe altrove
ma non sappiamo veramente dove
e come non cadere in ridondanze
credo che siamo tutti un po’ alienati e scriviamo per non spegnerci nel cuore e nella mente
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E quel conteggio di morti allineati, che alza la sua colonna come una croce, rende ancora più straniante continuare a preparare la tavola, pulire il lavello, riporre le cose nell’armadio. Un sentirsi dimezzati fra il sentire e il non poter fare.
Sai, Cristina, tu sai dare voce, e con grande umanità, a quello che resta inespresso perché non sa trovare le parole.
grazie.
con un abbraccio,
zena
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forse, cara Zena, mi hai fornito una piccola chiave per sentirmi “scusata” di scrivere mentre a poca distanza si muore: perchè è la stessa cosa di “continuare a preparare la tavola, pulire il lavello, riporre le cose nell’armadio”, ecc…
è come continuare a respirare, perché è impossipbile smettere, e se anche non scrivessi, continuerei a pensare, magari in versi.
questa volta le parole le hai trovate tu.
un caro abbraccio
cri
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L’ha ribloggato su amina narimi.
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grazie infinite, Claudia!
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è a Te che dico grazie Cristina …per “Chi” sei
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Constatazioni vere, e dolorose ,forse perchè è lo stupore di chi non riesce a sentirsi “assolto”, in colpa per il solo fatto d’essere ancora qui…ma tu sai che non è così, ad ognuno di noi il suo momento…
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sì, Francesca, condivido quanto dici, ma a volte la natura umana nella sua finitezza ci trascina a terra, e c’impedisce di guardare al cielo.
e sì, tu sai, ad ognuno il suo momento…
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“ed io mi accuso
ma con la noncuranza di chi sa
d’essere _almeno momentaneamente_
in salvo”
Se guardiamo, però, più in là, in tuti i sensi, diviene tremendo il dolore che accompagna il “mea culpa”.
E tu, Cri, lo sai bene perchè i tuoi versi, molto belli, sono “dolore”.
Quel tuo “almeno momentaneamente” dice molto.
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cara gb, in fondo quel dolore ce lo portiamo dentro tutti.
è quando siamo costretti a prenderne coscienza che ci sentiamo impotenti, ma anche, a nostra volta, inermi.
grazie.
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E’ sempre stato così: il sollievo per non essere stati distrutti dalla natura o dalla storia è la principale soddisfazione della vita, l’essere riusciti a rallentare i tempi della condanna, rallegrarsi per il fatto di esserci ancora, non si sa per quanto, ma con l’angoscia della nostra mortalità, della mancanza di ogni garanzia, a inventarci un livello divino, un orizzonte atemporale. Come riusciamo a sopportarlo consapevolmente, da millenni, sapendo che altri invece vengono stritolati, che la loro vita torna ad essere materia inanimata?
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vero, Guido, viviamo come smemorati
come se non fossimo anche noi provvisori in questa forma
e nella separazione apparente ci rallegriamo dei nostri giorni, senza pensare che siamo tutti condannati, tutti, a morte.
grazie di queste profonde riflessioni.
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Hai ragione, anche quando non ci sentiamo o non ci sentissimo assolti, siamo comunque stati assolti dalla storia, una storia che noi stessi abbiamo scritto, e siamo assolti per il semplice fatto di essere sull’altra sponda di questo tragico guado.
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che strano, Aitan, l’ultimo verso doveva essere “assolto”
all’ultimo momento ho preferito “in salvo”
noi sull’altra sponda d’un tragico guado!
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Condivido ogni parola e ogni verso della poesia che è molto bella.
Narda
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sulla condivisione non avevo dubbi, Narda, ho pensato anche a te mentre scrivevo.
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per dire in fondo che c’è ancora chi soffre per i suoi simili anche se è (momentaneamente) in salvo; per lasciare traccia d’impotente umanità (del singolo) e perchè, anche se la desolazione può passare, tornerà più forte e mai indifferente
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“anche se la desolazione può passare, tornerà più forte e mai indifferente”
intanto lasciamo che l’altra metà del mondo muoia per farci vivere meglio.
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cara Cristina, finché non si riesce a cambiare sistema…finché rispetto e aiuto sono pressoché solo apparenti… finché c’è interesse esclusivo per il potere ed il benessere solo per alcuni… come si fa? c’è un mondo da cambiare ed anche un mondo di persone che vorrebbero cambiarlo
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solo momentaneamente in salvo, a guardare milioni di anime che danno la vita per quel momento
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proprio così, Antonio, eppure non rinunciamo a quel momento…
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nessuno lo è veramente, se allarga il proprio angusto orizzonte, e tu lo sai benissimo
per questo soffri così tanto tramite la poesia
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caro Massimo, lo sai benissimo anche tu!
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L’ha ribloggato su CONSERVIAMO LA POESIAe ha commentato:
…essere almeno momentaneamente in salvo…
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grazie!
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La faccio mia. Sento la stessa dolenza, e l’accusa.
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è nostra, Marta!
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ed io mi accuso
ma con la noncuranza di chi sa
d’essere _almeno momentaneamente_
in salvo
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grazie, Giorgio.
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ecco. Questo mi piace.
Detto così, sì.
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ecco, menomale!
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🙂
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